Nelle vicinanze del Castello Ursino, in una povera casa, viveva un giovane forte e coraggioso di nome Uzeta. Egli venne assunto come stalliere del leggendario re Còcalo che aveva una figlia di nome Galatea, tanto bella da fare innamorare chiunque la guardasse. Un bel giorno, mentre Galatea faceva una galoppata per boschi, il suo cavallo si imbizzarrì e, scatenandosi, prese a correre spaventando la giovane principessa che invocava aiuto. Uzeta, che si trovava nelle vicinanze, venne in suo soccorso e, balzato come un fulmine sul cavallo, riuscì ad afferrarlo per le briglia e a fermarlo. Galatea, sfinita, svenne tra le braccia di Uzeta che, essendo segretamente innamorato della principessa, la baciò. In quell’istante però ella riprese i sensi e, ritenendosi offesa per quanto il giovane stalliere aveva osato fare, lo cacciò via con pesanti rimproveri. Uzeta, allontanandosi, le giurò che un giorno sarebbe tornato carico di gloria e l’avrebbe chiesta in sposa. Il giovane mantenne infatti la promessa: le sue gesta furono tanto grandi che la sua gloria superò ogni confine e un bel momento, alla testa del suo esercito, tornò e chiese al Re la mano di Galatea. Il sovrano accettò e i due giovani vissero felici e contenti.
Uzeta era un ragazzo di umili origini che riuscì a diventare cavaliere sotto Federico II per la sua bravura, e fu lui a combattere e sconfiggere gli Ursini, ovvero dei giganti saraceni.
Il paladino di Catania indossa una magnifica armatura nero con l’insegna dell’Elefante (‘u Liotru).
La storia del paladino catanese Uzeta è fatta. risalire all’età feudale, in realtà è una favola romantica senza nessun fondamento storico, infatti è nata all’inizio del ‘900 dalla fantasia del giornalista catanese Giuseppe Malfa.
A rimanere popolare, pare, sia la versione del puparo R. Trombetta, che inventò questo “paladino” catanese che non solo sconfisse i Saraceni, ma liberò anche Roma dai Berberi, Vienna dai Tartari, diventando Principe del Simeto, Gonfaloniere della Chiesa, Arciduca di Vienna e Cavaliere della Legion d’Onore.